“Storie di Donne” 👩‍🦰 Intervento ing. Luana Scarpa all’evento Soroptimist

Proponiamo l’intervento integrale di Luana Scarpa, Consigliera dell’Ordine Ingegneri Venezia e componente della Commissione Giovani Ingegneri, all’evento “Storie di Donne” organizzato ieri 18 marzo all’M9 Museum da Soroptimist International d’Italia – Club Venezia Mestre.

Soroptimist, organizzazione mondiale su base volontaria di donne impegnate in attività professionali e manageriali, promuove l’avanzamento della condizione femminile, la piena realizzazione delle pari opportunità e i diritti umani, in collaborazione con il Comune di Venezia per il mese “marzo donna”.

Ing. Luana Scarpa

Donne impegnate in professioni diverse raccontano la loro storia professionale, personale e le motivazioni che le hanno sostenute nel loro percorso.

Protagoniste di diversi ambiti condivideranno il loro percorso, le sfide affrontate e le motivazioni che le hanno guidate nelle loro scelte, personali e professionali.

Direi che la mia storia personale è motivazione della scelta professionale.

Buonasera a tutti e grazie della vostra presenza, grazie ovviamente a chi ci ha dato l’opportunità di usufruire di questi spazi.

Da dove partire per raccontarmi, direi dall’adolescenza dove probabilmente in me è nata la voglia di intraprendere la strada che poi è divenuta motivazione della mia scelta professionale.

Ho 37 anni, sono nata e cresciuta fino all’età maggiore in un’isola del territorio veneziano, Pellestrina, e come ben potete immaginare, coniugare le esigenze di vita quotidiana con la necessità di spostamenti per studi, lavoro, anche semplicemente per piacere, non è così semplice.

Terminate le scuole dell’obbligo, ho dapprima frequentato il liceo scientifico a Venezia centro storico, solo come alternativa a ciò che veramente volevo fare, ovvero iscrivermi all’istituto per geometri, che però, c’era solo a Mestre.

L’idea di fare 2 ore di viaggio in andata ed altrettante in ritorno con tutte le difficoltà annesse dei mezzi di trasporto, coincidenze, meteo avverso, in un primo momento non mi avevano convinta.

L’interesse però per la praticità quotidiana, nel cercare di essere utile a casa come nella mia vita in generale ha fatto sì a convincermi che, intraprendere una scuola più tecnica era ciò che faceva per me, e così appena se ne è presentata l’occasione, ho lasciato gli studi scientifici per quelli da geometra.

Nei mesi estivi della scuola superiore, ho lavorato, o meglio mi rendevo utile, presso uno studio di architettura a Venezia, non tanto per guadagnare qualcosa, avevo un semplice rimborso spese per l’abbonamento, ma per iniziare fin da subito a confrontarmi con le dinamiche della mia professione futura.

Vedere lavorare lo studio in progetti di ristrutturazione – ricordo che c’era un architetto che passava intere giornate seduto davanti a questo enorme tavolo da disegno, con tutte le sue penne a china che si usano per disegnare a mano, a disegnare queste planimetrie e facciate di palazzi Veneziani, con tutti i ricami ai cornicioni i dettagli (e si vedeva che lo faceva con passione) mi affascinava/intrigava; poi c’erano i sopralluoghi in palazzi per lo più storici, dove non c’era una stanza che fosse esattamente quadrata o rettangolare, dove i pavimenti non erano dritti…insomma è stato come avere una illuminazione, ho capito che l’aver cambiato scuola era stata la scelta corretta.

Questa passione per gli studi tecnici mi ha portato ad iscrivermi quindi ad ingegneria, inizialmente affascinata da quella navale, influenzata forse dall’ambiente in cui ero cresciuta – all’epoca praticavo anche voga alla veneta. Ma la facoltà più vicina era a Trieste, si sarebbe trattato, per poter frequentare i corsi, di doversi “spostare” per un periodo medio/lungo e ricominciare una vita di sacrifici personali ed economici, sui quali non volevo pesare ulteriormente ai miei genitori.

Ho valutato le opzioni possibili e mi sono indirizzata all’ingegneria civile a Padova.

Anche se più vicina di Trieste, ho comunque dovuto trasferirmi a Padova, avevo 19 anni. Questo ha comportato quindi ad allontanarmi da casa, dai genitori e dagli amici. Posso però dire di aver sempre avuto il sostegno dei miei genitori, i quali mi hanno sempre lasciata libera di prendere le mie decisioni, giuste o sbagliate che potevano essere, senza mai intralciandomi ma accompagnandomi e camminando a fianco a me.

Il primo anno di università ho vissuto in un collegio femminile universitario, poi mi sono spostata in un appartamento condiviso con 5 ragazze. Sicuramento la difficoltà di trovarmi a condividere la stessa casa con studentesse che non conoscevo c’è stata: condividere la propria quotidianità con ragazze che fino a qualche giorno prima erano delle perfette sconosciute, che frequentavano percorsi di studi anche diversi dal mio, di diverse etnie e provenienza, mi ha dato modo di responsabilizzarmi, capire cosa significhi il sacrifico, aiutarsi a vicenda se necessario.

Durante il primo anno di università ricevevo molte telefonate da aziende che mi proponevano offerte di lavoro, molte aziende contattavano gli istituti tecnici superiori (la scuola per geometri) per farsi dare i recapiti dei neodiplomati, ma inizialmente non ero propensa all’eventualità di dover lasciare l’università per lavorare.

Crescendo però, e guardandomi attorno a come anche il mondo del lavoro cambiava, ho maturato l’idea di poter coniugare l’università come studente lavoratore ed accettare di lavorare come geometra/tecnico presso una grossa azienda, sfruttando così la mia formazione didattica.

Ammetto che non è stato facile, purtroppo frequentare l’università in “presenza” come studente lavoratore non ti dava la possibilità di avere “agevolazioni” lavorative (se non per sporadici episodi – esame universitario).

Catapultata nel mondo lavorativo ho indirizzato quindi i miei studi nel campo delle infrastrutture stradali/trasporti.

Trattandosi di cantieri prevalentemente stradali, questi molto spesso non avevano orari bene definiti, si iniziava molto presto il mattino e si finiva tardi alla sera, o diversamente era necessario uscire di notte a seguire i lavori.

Ammetto che all’inizio conciliare l’università con questi orari mi ha rallentato non poco nello studio. Ma ho tenuto duro 🙂 ed ho continuato il mio percorso.

Sono così cresciuta in questo campo via via negli anni a livello professionale e personale. Devo dire che il settore dell’ingegneria civile si presenta fortemente/prevalentemente maschile, sono sempre stata spesso la donna più giovane con un alto gap di età con i colleghi, pertanto, discutere o condividere scelte progettuali creava un po’ di diffidenza in quest’ultimi…

Ho avuto poi la possibilità di rivestire ruoli tecnici di responsabilità, a volte imposti dall’alto dove non avevo alcuna esperienza, per i quali nessuno mi teneva a manina e mi guidava passo per passo, ma ho dovuto rimboccarmi le maniche, studiare, approfondire, chiedere, informarmi, essere curiosa e testarda se necessario (alcuni colleghi spesso mi dicono sorridendo, che ho una testa dura) – ma tutto ciò mi ha permesso di mettermi in gioco senza mai tirarmi indietro.

Questa mia forte motivazione all’essere sempre sul pezzo, conseguita la laurea e l’abilitazione alla professione di ingegnere, mi ha portato ad iscrivermi all’Ordine degli Ingegneri di Venezia trovando gli spunti e gli aggiornamenti di cui necessitavo (e necessito); nel 2021 ho poi avuto la possibilità di entrare a fare parte del Consiglio dell’Ordine.

Il confronto in ambito professionale con i diversi colleghi mi ha dato modo di perseguire la mia carriera professionale con più stimoli e più coscienza. Un confronto che per la maggior parte ho avuto con colleghi uomini e che mi ha dato la possibilità di far rete, quindi la possibilità di far capire che l’ingegneria (parlo di ingegneri perché è il mio caso) deve rimanere un mondo di competenze e non di genere.

Sono fiera di poter rappresentare la categoria, in Consiglio siamo 6 donne su 15 componenti, con le quali si lavora in sinergia, assieme anche agli altri componenti, e sulle quali posso contare per un consiglio o un confronto…

Faccio inoltre parte di alcune commissioni di lavoro. Tutte opportunità che mi stanno dando la possibilità di crescere attraverso l’aggregazione per favorire la condivisione, lo scambio di idee e di innovazioni. Durante questi incontri, una problematica, un pensiero o un’idea vengono discusse, elaborate per poi sfociare in studi, corsi di aggiornamento o pareri su argomenti che interessano il settore.

Sono socia/iscritta a/di AIDIA – Associazione italiana donne ingegneri e architetti – che ha come obiettivo quello di valorizzare l’attività femminile nel settore tecnico.

Con AIDIA Venezia il trait d’union del gruppo era il desiderio comune di fare rete – quella rete che poco fa vi parlavo – promuovere iniziative di crescita professionale, collaborare con la società, il tutto con particolare focus sul pensiero e sul lavoro della donna nell’ambito dell’architettura e dell’ingegneria.

La determinazione è alla base della mia vita e aggiungo: la curiosità di aver voglia di mettersi in gioco e credere in se stessi per perseguire i propri sogni sta alla base di quello che è stato il mio percorso e che è tutt’oggi.”.

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