
Relazione con video e slide dell’Ing. Maurizio Pozzato tenuta a Venezia il 10 febbraio 2022. Prove sui modelli fisici nello studio delle paratoie del MoSE nell’esperienza come Direttore del Centro Sperimentale di Modelli Idraulici di Voltabarozzo.
250 ingegneri partecipanti al Convegno sul tema del futuro della Laguna di Venezia organizzato dall’Ordine Ingegneri Città Metropolitana di Venezia, Collegio Ingegneri Venezia e il Patrocinio dell’Associazione Idrotecnica Italiana Sezione Veneta.
Link a tutti gli altri materiali disponibili del Convegno sul FUTURO DELLA LAGUNA DI VENEZIA organizzato il 10 febbraio 2022 all’Ateneo Veneto:
- 250 ingegneri per il futuro di Venezia all’Ateneo Veneto. Mariano Carraro dialoga con Attilio Adami ed Hermes Redi – VIDEO E FOTO;
- Saluti di Antonella Magaraggia, Mariano Carraro, Sandro Boato e Vincenzo Bixio con FOTO GALLERY dell’evento;
- Mariano Carraro sul tema del futuro della Laguna di Venezia – VIDEO E TESTO;
- Relazione Attilio Adami, la protostoria del MoSE nel futuro della Laguna di Venezia – VIDEO E SLIDE;
- Relazione Hermes Redi, studi e ricerche per la progettazione delle opere di difesa di Venezia e la sua Laguna – VIDEO E SLIDE.
Le prove sui modelli fisici eseguite nel laboratorio di Voltabarozzo a Padova

Buonasera, un saluto a tutti i partecipanti ed un particolare ringraziamento all’Ateneo Veneto che ci ospita in questa prestigiosa sala. Di laguna di Venezia e della sua salvaguardia abbiamo avuto modo di parlarne in altre occasioni, l’ultima volta proprio due anni fa, con il convegno “Acque alte a Venezia: la soluzione Mose”, organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dagli ingegneri veneziani, proprio pochi giorni prima di questo disgraziato periodo di pandemia.
L’occasione per l’incontro odierno è la presentazione dell’ultima fatica di Attilio Adami, il volume dal titolo “Il futuro della laguna di Venezia. Oltre trent’anni di studi, ricerche, esperimenti ed opere”. Dopo quanto è stato detto dai miei predecessori, voglio fare alcune considerazioni personali.
Innanzi tutto voglio fare i complimenti ad Attilio per aver scritto questo volume e ringraziarlo per aver dato un contributo importante alla conoscenza di tutte le vicende che hanno condizionato le attività svolte in questi anni (parliamo di oltre trent’anni), per arrivare ai nostri giorni con il sistema delle opere alle bocche funzionante (anche se ancora in fase sperimentale) e con una laguna rinnovata oggetto di opere di manutenzione estese e necessarie.
Il maggior pregio di questo volume è l’aver adottato un linguaggio divulgativo, rivolto ad un pubblico che abbia un minimo di curiosità sugli argomenti trattati, senza riportare formule o discorsi scientificamente complicati, ma per dar modo al lettore di avere una visione più completa di quanto è stato fatto fino ad ora, non senza qualche punta di ironia, che noi tutti suoi allievi ricordiamo anche nel corso delle sue lezioni o dei suoi interventi come relatore in dibattiti o convegni di tutti questi anni.
Quando abbiamo pensato a questo incontro riconosco che mi è piaciuta l’idea di affiancare Attilio Adami nella presentazione del volume assieme ad Hermes Redi per dare un piccolo contributo all’evento: ci troviamo a questo tavolo a parlare di salvaguardia di Venezia, argomento vissuto in tre modi diversi ma convergenti: Attilio come rappresentante della comunità scientifica, Hermes che ha vissuto, a suo tempo, la parte del Concessionario esecutore ed io come, a suo tempo, rappresentante dello Stato concedente e controllore.
Prima di affrontare il tema del mio intervento, volevo fare una breve premessa sul Piano di studi e sperimentazioni già ricordato da Redi, il primo progetto presentato dal Consorzio Venezia Nuova secondo i dettami della Legge n. 798 del 1984, che aveva chiaramente riportato gli obiettivi affidati allo Stato attraverso il suo Concessionario: già il Magistrato alle Acque aveva istituito un ufficio apposito che doveva seguire e gestire le attività del Concessionario, con a capo il compianto ing. Romano D’Amico, che qui voglio ricordare con affetto, il mio maestro!, che io affiancavo in termini operativi. Uno dei compiti dell’ufficio era quello di curare l’istruttoria, da parte della commissione relatrice, dei progetti da portare all’esame del Comitato Tecnico di Magistratura (equivalente a Sezione del Consiglio Superiore dei LL.PP.). Considerata la vastità degli argomenti del Piano e la necessaria multidisciplinarietà furono nominati esperti nei vari settori nel corso degli anni: fu anche l’occasione per istituire il Precomitato di Magistratura, che poi diventò prassi costante nei lavori del Comitato, riunione (a volte più di una) in cui si discuteva e si verificava la validità e la fattibilità dei vari progetti all’esame. Tali riunioni con gli esperti delle varie materie erano impegnative per la presenza spesso anche di 20 componenti.
Quando l’Autore nell’introduzione al testo riporta che “le carte del Mose sono passate per le mani di un numero di specialisti che forse supera il centinaio” credo di poter affermare che il numero è azzeccato, ma forse anche per difetto, non certo per eccesso. D’altra parte nel voto del Consiglio Superiore dei LL.PP. n. 209 del 1982 che ha approvato il “progettone” del 1981, la Commissione relatrice era formata da 36 componenti esperti!
Con l’avvio del Piano generale degli studi e delle sperimentazioni propedeutici alla progettazione fu contemporaneamente avviata la redazione del progetto preliminare di massima, noto con l’acronimo REA. Nel corso di queste attività furono tenuti stretti rapporti con i principali laboratori di idraulica europei che avevano già affrontato problemi simili (olandesi, inglesi e danesi), per confrontare esperienze e percorsi di progettazione: qui venne in evidenza la complicazione di progettare un’opera di difesa che a riposo non doveva essere in vista.
Fu anche in questo periodo che si evidenziò la necessità di sviluppare la progettazione mediante l’utilizzo esteso di modelli idraulici, così come d’altra parte richiesto espressamente dal parere del Consiglio Superiore, con l’assunzione dell’importante decisione di potenziare il Centro Sperimentale di Voltabarozzo, già operante nel campo della modellistica fisica sia e soprattutto sul tema della difesa del suolo ma anche in quello della salvaguardia di Venezia.
La convenzione quadro della legge speciale di Venezia, regolante i rapporti tra MAV e CVN previde di utilizzare “di norma” il CSMI per le sperimentazioni necessarie alla progettazione delle opere di salvaguardia, previo il potenziamento delle infrastrutture e delle attrezzature del Centro.
A questo punto ritengo utile spendere due parole di carattere storico sulla nascita e l’attività iniziale del Centro. La sua “fortuna” nasce con la sistemazione definitiva dei corsi d’acqua che attraversano Padova, avvenuta negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, ad opera dell’ing. Gasparini. Con la costruzione dei due sostegni dei canali Scaricatore e S. Gregorio (quest’ultimo dotato anche di conca di navigazione) e l’esproprio di una porzione di terreno a fianco dei manufatti per la deviazione dei corsi d’acqua nel corso della costruzione, si è determinata una situazione unica e, ripeto, fortunata. Infatti il livello dell’acqua a monte è regolato di norma ad una quota di ca 12 m sul l.m.m., a valle il corso (del Bacchiglione) prosegue ad una quota di ca 6 m, mentre il terreno a fianco giace ad una quota media di ca 9 m.
La situazione fu sfruttata quando il Ministero dei LL.PP. decise di realizzare, all’inizio degli anni ’50, il progettato scaricatore di piena dell’Adige che confluisce nel lago di Garda mediante la galleria Mori-Torbole della lunghezza di 10 km: fu deciso di verificare su modello fisico le condizioni di moto all’interno della galleria utilizzando quel terreno demaniale mediante la costruzione di una modesta opera idraulica di derivazione: furono poste due condotte a cavaliere dell’argine, una piccola vasca, due canalette di alimentazione presidiate da paratoia di regolazione e misura: tramite una piccola pompa a vuoto si otteneva l’innesco del sifone consentendo l’utilizzo di una portata d’acqua di ca 1.500 l/sec, con restituzione a valle tramite una chiavica per lo scarico, il tutto senza bisogno di altra forza motrice. L’operatività era regolata da una convenzione tra il Genio Civile di Padova e l’Università di Padova. La cosa ebbe seguito anche all’inizio degli anni ’60 quando sempre il Ministero dei LL.PP. decise di affrontare lo studio dei provvedimenti utili alla sistemazione della foce del Po ed in tal senso fu realizzato un grande modello fisico di tutta la parte terminale del fiume a cura del Magistrato per il Po e dei docenti dell’Istituto di Idraulica di Padova.
Nell’ambito dei provvedimenti a seguito dell’alluvione del 1966 nel 1969 con Legge n. 1013 prende avvio l’attività istituzionale dl CSMI che poco dopo passa alle dipendenze del MAV. Nei successivi anni, per quanto riguarda la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, è stato costruito, a cura dell’Università di Padova, un modello a fondo mobile in scala 1:60 dell’intera bocca di Lido della laguna veneta e negli anni ’70 è stato costruito il famoso modello dell’intera laguna di Venezia in scala distorta di 1:250 per le dimensioni orizzontali e 1:20 per le verticali, ricoperte da un capannone di 16.000 mq della forma arcuata per contenere la laguna.
Successivamente fino al 1990 la maggiore e quasi esclusiva attività del Centro è stata rivolta al settore della difesa del suolo, con la realizzazione di oltre 20 modelli di opere idrauliche fluviali riguardanti interventi del Magistrato alle Acque e del Magistrato per il Po, le due istituzioni che, in quel periodo, governavano l’idraulica dell’intero territorio dell’Italia del Nord.
La decisione di attrezzare il Centro Sperimentale al livello di altri laboratori internazionali ha consentito una rapida trasformazione e sviluppo del Centro stesso come documentato dalla seguente fotografia aerea, che mette a confronto la situazione del 1985, prima dell’inizio dei lavori, con quella del 2007 che corrisponde al momento top della vita del Centro.
Non posso nascondere il privilegio e l’orgoglio di aver seguito passo passo la crescita del Centro con l’avvio, nei primi anni ’90, di tutti i cantieri che hanno riguardato:
– la completa revisione degli impianti elettrici, con la costruzione di altre due cabine di trasformazione più vicine alle aree di impostazione dei modelli, collegate da un cavo elettrico di M.T. sotterraneo attraversante tutto il Centro;
– la revisione e manutenzione straordinaria di tutte le reti idrauliche che conferiscono la portata ai modelli dislocati nelle varie aree e la costruzione di un piccolo impianto di chiarificazione e disinfezione dell’acqua usata nelle prove dei modelli;
– il restauro e la trasformazione del modello generale della bocca di Lido in scala 1:60 da fondo mobile a fondo fisso;
– la costruzione dei modelli della bocca di Chioggia in scala 1:60 e della bocca di Malamocco in scala 1:60 e 1:80;
– la copertura della preesistente vasca per modelli marittimi con la dotazione di una serie di generatori mobili di moto ondoso, i primi acquistati presso il laboratorio del Danish Hydraulic Institute e i successivi costruiti in casa;
– la costruzione di un nuovo canale per prove di moto ondoso su modelli bidimensionali, della lunghezza di m 150, il più lungo esistente in Italia, anch’esso dotato di generatore di moto ondoso.
La pregressa esperienza ed il grande sviluppo delle infrastrutture e delle attrezzature del Centro hanno consentito di vivere un periodo di irripetibile intenso lavoro per il personale del Centro incrementato del personale, uno stuolo di giovani ingegneri, della società consorziata costituita per la gestione in particolare delle opere di salvaguardia. Il grande lavoro portato avanti sui diversi obiettivi della legge speciale, già prima ricordati, non solo difesa dalle acque alte, ma anche la difesa dalle mareggiate dei codoni litoranei, la tutela ambientale e morfologica dell’ecosistema lagunare, non ha impedito di sviluppare molti modelli per conto di Enti ed Amministrazioni sul tema della difesa del suolo sia in campo fluviale che marittimo, di cui vediamo nel seguito una breve selezione.
Devo fare anche un’altra considerazione: l’esperienza vissuta al Centro in quegli anni è stata eccezionale, perché è stata anche testimone delle rapide trasformazioni avvenute nel campo della modellistica: i modelli numerici o matematici hanno usufruito della repentina crescita delle capacità di calcolo dei computer oltreché di nuovi algoritmi ad essa legati, mentre i modelli fisici hanno potuto avvalersi delle possibilità di nuovi sofisticati strumenti di misura elettronici in grado di trasmettere una infinità di dati ai computer che gestiscono le prove. Pertanto i due strumenti sono stati utilizzati al meglio delle loro possibilità, i modelli numerici per definire i campi di moto di grandi spazi, penso per es. ai modelli ormai disponibili da anni che vengono utilizzati per descrivere l’evoluzione morfologica della laguna o quelli dedicati a valutare il comportamento ecologico della stessa, o quelli che descrivono la trasformazione del clima di moto ondoso dal largo alla costa, mentre ai modelli fisici è riservato lo studio di dettaglio, per es. l’interazione tra fluido e struttura con l’acquisizione di dati di forze e pressioni che servono al progettista per dimensionare l’opera da costruire.
Al Centro rimane tangibile l’evoluzione della tecnica in questi ultimi 50 anni: è ancora presente il grande modello generale della laguna di Venezia, a dimostrazione che negli anni ’70 era stato individuato come unico e più moderno strumento di indagine per studiare la propagazione della marea all’interno: oggi lo chiamerei elemento di “archeologia sperimentale”, superato di gran lunga dai moderni modelli matematici in grado di descrivere l’idrodinamica dell’intera laguna e la sua evoluzione a seguito di interventi.
E’ chiaro che il tema di indagine più delicato e complesso di tutto il sistema per la salvaguardia di Venezia sviluppato nel Centro ha riguardato il funzionamento delle paratoie a spinta di galleggiamento ed il loro comportamento al moto ondoso, di cui vi riporto di seguito una breve sequenza di immagini a descrizione delle attrezzature e strumentazioni utilizzate. Di questo ha già parlato in modo diffuso ed approfondito Attilio Adami, pertanto voglio esprimere solo alcune considerazioni.
Tornando al volume che oggi presentiamo, non vi è dubbio che il capitolo di più ardua lettura sia quello relativo alla “risonanza della schiera di paratoie”, penso a dimostrazione della complessità che proprio i modelli fisici avevano evidenziato e fatto preoccupare. Il fenomeno è stato lungamente studiato in via teorica e poi sperimentato con una quantità di prove davvero eccezionale. Voglio però fare due considerazioni in merito. Intanto posso assicurare che ho provato, insieme a tutti i tecnici presenti, una grande soddisfazione ma anche emozione quando abbiamo allagato per la prima volta la vasca e messo in moto le paratoie in scala 1:10: una sensazione incredibile di realtà, a dimostrazione che un modello fisico, quando ben costruito a rappresentare un fenomeno da indagare, oltre a fornire dati numerici, valori quantitativi, è in grado di dare anche valori qualitativi, sensazioni visive che nessun modello numerico è in grado di procurare. Poi durante le prove programmate sono state utilizzate ogni tipo di onda, regolari, irregolari, estreme, misurate nella realtà. Quando la questione è stato risolta matematicamente, sperimentalmente eravamo in grado di innescare il fenomeno della risonanza con un’onda regolare (non reale) di altezza e periodo ben definiti, anzi i fenomeni erano molteplici in funzione delle combinazioni tra le paratoie (1+1, 1+2, 2+2, ecc.); queste prove sono state eseguite anche per indagare l’eventuale apertura della schiera che corrisponderebbe alla mancata tenuta; ma quando all’onda incidente si sostituiva un’onda irregolare (reale) generata secondo spettri di energia di tipo Jonswap rappresentativi di stati di mare statisticamente probabili (di uso comune per progettisti ed operatori in campo marittimo) il fenomeno immediatamente spariva. Considerato che nella realtà il fondale delle bocche di porto è irregolare ed il moto ondoso incidente subisce una serie di riflessioni e rifrazioni per la presenza delle dighe foranee, personalmente mi sono convinto che il fenomeno in realtà sia statisticamente fortemente improbabile.
La molteplicità dei modelli utilizzati per indagare il comportamento delle paratoie, in particolare il modello a grande scala, ma anche gli altri due modelli in scale diverse, per verificare eventuali “effetti scala”, oltre che altri modelli per verificare aspetti di dettaglio utili per il progettista (per es. il comportamento del cassone di fondazione nelle fasi di affondamento) hanno avuto grande risonanza nei primi anni del duemila, ed in effetti le richieste di visite al Centro sono state innumerevoli, di provenienza più disparata, sia da parte di istituti scolastici, soprattutto università italiane ed estere, che da parte di enti, amministrazioni pubbliche, associazioni varie, troupe televisive, che hanno avuto modo di seguire e venire informati sulle attività in corso.
Il momento culminante dell’attività del Centro può essere visto nell’organizzazione di un convegno nazionale dal titolo “La validità dei modelli fisici nell’idraulica moderna”, che ha avuto luogo nell’ottobre del 2007, in una suggestiva sala convegni allestita all’interno del grande capannone del modello generale della laguna, proprio a fianco del modello stesso, e che ha riscontrato un ragguardevole successo con le relazioni dei professori Carlo Montuori dell’Università di Napoli, Attilio Adami dell’Università di Padova, Aronne Armanini dell’Università di Trento, Antonio Petrillo dell’Università di Bari e Paolo Salandin dell’Università di Padova. Nel corso del convegno è stato presentato il 3° Quaderno del MAV, una monografia dedicata al CSMI, alla sua storia ed alle sue esperienze nel campo dei modelli.
Concludendo, a fronte di quanto realizzato in termini di modelli fisici finalizzati soprattutto ai temi della salvaguardia di Venezia e della sua laguna, inseriti sempre nel più ampio Piano di Studi prima richiamato, ma anche ai problemi in generale della difesa del suolo, installazioni e sperimentazioni certamente di notevole qualità, il declino successivo del Centro non può che essere visto come una mancata opportunità. D’altra parte le scelte politiche di quel tempo sono state influenzate dalla crisi finanziaria a livello globale, ma anche gli avvenimenti successivi, e mi riferisco in particolare alla soppressione del Magistrato alle Acque ed alla successiva istituzione dell’Autorità per la Laguna di Venezia rimasta sulla carta e mai avviata, non fanno che confermare le notevoli difficoltà ed i molteplici problemi da risolvere da parte dello Stato.
Tornando al volume, non vi è dubbio che l’enorme quantità di materiale sviluppato costituisca un patrimonio preziosissimo per la conoscenza della laguna, ed in questo senso penso che il lavoro svolto da Attilio Adami di riassumere per iscritto lo sviluppo negli anni di tutte queste attività, in modo sintetico ma approfondito e soprattutto in modo divulgativo e comprensivo, sia assolutamente encomiabile e di questo lo ringrazio a nome di tutti.
Peraltro tutto questo materiale non può che costituire la base irrinunciabile per le sfide future che ancora ci aspettano in base agli scenari che si stanno delineando.
Una chiosa finale: Attilio Adami, sulla base dell’esperienza maturata nel corso della sua vita di studioso dei fenomeni idraulici ed in particolare delle problematiche della laguna veneta, ha già avanzato alcune idee per il futuro in un’altra più recente pubblicazione: potrebbe essere il motivo di un incontro ulteriore su questi dibattuti temi.
SLIDE ING. MAURIZIO POZZATO
SLIDE SINGOLE





































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